Friday, August 25, 2006

Estate

In bilico
tra tutti i miei vorrei
non sento più
quell’insensata voglia di equilibrio
che mi lascia qui
sul filo di un rasoio
a disegnar capriole
che a mezz’aria mai farò

Non senti che
tremo mentre canto
nascondo questa stupida allegria
quando mi guardi
non senti che
tremo mentre canto
è il segno di un’estate che
vorrei potesse non finire mai

(Estate, Negramaro)

Quante settimane sono passate da quando ho scritto l’ultima volta. Un po’ per mancanza di tempo e un po’ per scarsa vena polemica. Eppure quante cose sono successe in questi due mesi e mezzo. I mondiali vinti, calciopoli, l’estremismo islamico, la guerra in Libano. Argomenti per scrivere ce ne sarebbero stati a bizzeffe. Ma tutto sommato non sono dispiaciuto di aver evitato di inserirmi nel vortice delle polemiche che questi eventi hanno innescato. Perché mi sono dedicato un po’ a me stesso, a rendere questa estate, che è probabilmente la mia ultima estate da uomo libero (nel senso che non lavoro, faccio più o meno il mantenuto), memorabile, indimenticabile. La canzone che apre questo post riassume benissimo il senso della mia estate.
Va detto che in quanto a momenti da ricordare la nazionale di calcio mi ha dato una bella mano (aperta parentesi: Francia sucks! chiusa parentesi). Ma anche questo evento, come tutti gli altri, sarebbe stato meno bello ovvero poco significativo se non fosse stata una gioia condivisa. Quante volte ci rendiamo conto che i momenti belli sono più belli se li puoi condividere con le persone cui vuoi bene? Beh, credo che l’euforia collettiva che ha colpito l’Italia (compreso il sottoscritto e tutti quelli che hanno visto la partita e festeggiato con me) con la vittoria ai mondiali dipenda da questo. Abbiamo riscoperto forse il senso della parola comunità.
Werner Sombart, un sociologo degli inizi del ’900, sostiene, in merito alla nascita della moderna società dei consumi, che nel lungo processo che si sviluppa tra il 1200 e il 1750 e che lui denomina prima fase del capitalismo, sia avvenuto progressivamente anche il passaggio storico dalla comunità alla società, che ha comportato la scomparsa dei legami collettivi caratteristici della vita comunitaria. A ciò lo studioso aggiunge però che questo processo ha prodotto negli individui la perdita di quella rassicurante sensazione di “immortalità”, determinata dal fatto di appartenere a qualcosa che sopravvive alla morte dell’individuo, come appunto è per l'essere parte di una comunità. Pertanto, secondo Sombart, l’individuo tenta di placare quell’angoscioso senso di morte che ne deriva cercando gratificazioni nella vita materiale e soprattutto nel consumo di beni, cosa che favorisce lo sviluppo della “cultura” del consumo.
Sombart deve essere stato uno intelligente. Se fosse vivo probabilmente vedrebbe in alcuni eventi pubblici moderni, tipo l’Italia in piazza per il mondiale vinto, una sorta di modo per tornare ad una qualche forma di comunità, dopo un secolo, quello scorso, che si può senza dubbio definire il secolo del consumismo e dell’indifferenza. La società è talmente priva di valori che gli individui, spontaneamente, cercano nuove forme di aggregazione per sfuggire alla tristezza di una vita il cui tenore si misura, in molti casi, solo dal conto in banca.
Da parte mia posso dire di aver sentito, in questi mesi più che mai, il desiderio di comunicare, di stare insieme alle persone, di sentirmi parte di qualcosa che fosse condiviso. Grest, of course, perché le parrocchie e la fede sono per fortuna ancora uno dei grandi poli di aggregazione per la gente, almeno qui dalle me parti.
Ma oltre a questa ci sono state tante altre piccole situazioni, brevi eventi che hanno reso questa estate, a suo modo, indimenticabile. Grazie a Chi ha voluto che io potessi viverla.
Have a nice day!