Friday, May 19, 2006

(No?) global

Adesso che con alcuni loro "illustri " esponenti si sono avvicinati, e di molto, a posizioni di governo, tacciono. Probabilmente apettano al varco i loro compagni, pronti a rinfacciare loro la perdita dello "spirito di lotta", sostituito con l'adesione al potere. Sto parlando dei "no global", di questo eterogeneo movimento che da alcuni anni imperversa ormai in tutto il mondo. Non sono mai stato comprensivo con le loro tesi, nè tantomeno con i loro metodi di protesta. Ma stavolta voglio fare un ragionamento non sul fatto che abbiano ragione o torto, ma su come questo movimento sia in realtà una galassia eterogenea di idee e comportamenti non solo diversi, ma anzi opposti.
Il movimento no global nasce sostanzialmente a Seattle, negli Stati Uniti, nel 1999. Durante la riunione del WTO (World Trade Organization) un grosso gruppo di manifestanti assediò per giorni l'area circostante alla sede delle riunioni. Da lì iniziò il pellegrinaggio dei gruppi e delle associazioni aderenti a questo movimento in tutte le città sedi di incontri di vertici politico-economici internazionali. Su tutte spunta la città di Genova, sede del G8 del 2001, evento ricordato più che altro per i tristi fatti che accaddero proprio durante le manifestazioni di protesta.
Il problema concettuale che mi sono sempre posto, cercando di capire quali componenti costituissero un movimento così eterogeneo, è la seguente: ma cos'hanno da spartire questi gruppi tra loro? La risposta, per gran parte di loro, è: l'odio per gli Stati Uniti, per i Paesi industrializzati e per le multinazionali, causa di tutti i mali del mondo. Ripeto, non scrivo per giudicare le opinioni. Il problema che mi pongo è più grave, e di tipo diverso. Oltre a questo legame i no global condividono poco.
In primo luogo alcuni di essi condividono la violenza dei gruppi più estremisti, (anarchici, black block o semplici teppisti), ed altri no. E già questa mi sembra una discriminante grave. Attenzione: chi condanna a parole i violenti, non creando poi un servizio d'ordine nei cortei e dando la colpa degli scontri sistematici all'atteggiamento (a loro dire fascista) della polizia, è assimilabile a chi le violenze le pratica. Ovviamente può capitare, nel momento in cui si manifestano in modo pacifico le proprie idee, di spaccare qualche vetrina; è l'atteggiamento della polizia che istiga i compagni a fare questo.
L'altra grande divisione, a mio avviso, è quella tra localisti e mondialisti. Vi sono dei gruppi che, ad esempio, sostengono il diritto dei migranti e delle popolazioni del terzo mondo di non venire snaturati nella loro cultura e nelle loro tradizioni. Col risultato di puntare a dar vita ad una cultura "mondiale", una miscellanea di culture (in particolare del terzo mondo), quasi da contrapporre alla cultura mondiale dominante, costituita dal lifestyle anglo-americano, che gli Stati Uniti e le multinazionali vorrebberro imporre. I "cittadini del mondo" che propongono questa cultura mondialista si riuniscono in quelle manifestazioni a tema, piene di gente vestita con abiti dal gusto etnico, con bancarelle di bigiotteria e oggettistica afro-asiatica (magari made in China), bancarelle di kebab (che ormai spopolano ovunque), gruppi che suonano musica etnica, rasta e marijuana a volontà. Ma se non vogliamo essere sopraffatti dalla cultura Usa, perchè bisogna autoimporsi uno stile "mondialista", altrettanto monocorde? Il sostegno all'integrazione ai migranti è il contrario del concetto di non globalizzare, che dovrebbe prevedere di aiutare le popolazioni più povere nei loro luoghi d'origine, dando loro la possibilità di progredire (anche se già questo, in fondo, è uno snaturamento di una cultura). La mescolanza di etnie, in genere non porta confronto, ma porta forzatamente o alla supremazia della cultura più forte o alla creazione di una cultura nuova che fa perdere agli individui le radici del proprio passato culturale.
Non credo che il principio dell'uguaglianza comprenda il fatto di avere tutti la stessa cultura. Credo piuttosto che l'uguaglianza imponga a ciascuno di rispettare la cultura altrui, ma proprio partendo dal rispetto della propria. Ma questo non può voler dire ricreare un pezzo d'Africa o d'Asia in Italia. Altrimenti comunque una cultura verrà sopraffatta dall'altra. Allora si tratterebbe solo di decidere quale cultura imporre. Ma così facendo si ricade nell'errore che fanno coloro che vogliono diffondere la cultura occidentale in tutto il mondo. Ergo, il concetto di "no global" viene tradito: non si globalizza secondo una cultura che non si condivide, ma secondo la cultura "mondialista".
Il concetto di " no global" dovrebbe, a mio avviso, insistere anzi sul principio di esaltare le diversità per valorizzarle. Questo è forse l'idea a cui si ispira l'altra parte del mondo no global, i localisti. Ne fanno parte, ad esempio, i contadini francesi e quelli italiani (Coldiretti), che difendono la particolarità e l'unicità delle produzioni agro-alimentari nazionali, contro l'omologazione del gusto che gli organismi internazionali di settore (Unione Europea compresa) vorrebbero imporre. Un esempio analogo può essere fatto per quelle associazioni ambientaliste che lottano per il mantenimento delle biodiversità nelle diverse aree geografiche.
Presa sotto questo aspetto, la battaglia no global è giusta e condivisibile anche da parte mia. Il problema sta nel fatto che il movimento no global non potrà essere un interlocutore credibile finchè non isolerà le frange violente e non chiarirà queste contraddizioni di fondo.

Thursday, May 18, 2006

Forza paris!

DIMONIOS
China su fronte si ses sezzidu pesa!
ch'es passende sa Brigata tattaresa
boh! boh! e cun sa mannu sinna
sa mezzus gioventude de Saldigna.

Semus istiga de cudd'antica zente
ch'à s'innimigu frimmaiat su coro
boh! boh! es nostra oe s'insigna
pro s'onore des'Italia e de Saldigna.

Da sa trincea finas'a sa Croazia
sos "Tattarinos" han'iscrittu s'istoria
boh! boh! sighimos cuss'olmina
onorende cudd'erenzia tattarina.

Ruiu su coro e s'animu che lizzu
cussos colores adornant s'istendarde
boh! boh! e fortes che nuraghe
a s'attenta pro mantenere sa paghe.

Sa fide nostra no la pagat dinari
aioh! dimonios! avanti forza paris.

DIAVOLI
Abbassa la frontese sei seduto, alzati!
perchè sta passandola Brigata "Sassari"
e con la mano benedici e segnala
miglior gioventù di Sardegna.
Siamo la traccia di quell'antica gente
che fermava il cuore al nemico
Oggi le loro insegne sono nostre
per l'onore dell'Italia e della Sardegna.
Dalla trincea fino alla Croazia
i "sassarini" hanno scritto la storia
seguiamo le loro orme
onorando quell'eredità "sassarina".
Rosso il cuore l'animo come il giglio,
questi colori adornano il nostro stendardo
e forti come i nuraghi
siamo sempre vigili per mantenere la pace.
La nostra fedeltà non ha bisogno di essere remunerata
andiamo! Diavoli!avanti, Forza Insieme!
www.assonazbrigatasassari.it

Io il mattino del 2 di giugno da qualche anno mi metto davanti alla tv. In televisione il 2 giugno trasmettono la diretta della parata militare in via dei Fori Imperiali, a Roma. Il due giugno si festeggia la scelta repubblicana del nostro Paese. Quando mi ricordo espongo anche la bandiera. Quella tricolore. Faccio questa precisazione perchè in molti il 25 aprile, altro giorno di festa nazionale sfilano con bandiere rosse di vario genere: alcune con la falce e il martello, altre con l'effige di un uomo barbuto. Il 25 aprile si ricorda la liberazione dal nazifascimo. Una parte degli italiani ha deciso di far diventare il 25 aprile una festa della sinistra italiana, in quanto questa parte politica si ritiene depositaria della democrazia di questo Paese. Per questo motivo coloro che non sono di sinistra vengono aggrediti e cacciati dai cortei del 25 aprile. Come è successo ad un Ministro della Repubblica a Milano quest'anno. Tra l'altro quest'anno il 25 aprile è stato usato dalla sinistra anche per festeggiare la sua risicata vittoria elettorale. Con buona pace dell'Italia che non li ha votati.
Dico tutto questo perchè qualche neoeletto Ministro della Repubblica, politicamente legato alla sinistra cosidetta "radicale", ha dichiarato che proporrà l'abolizione della parata militare del 2 giugno. Io non sono d'accordo. Magari convengo che la rassegna di tutti i mezzi militari a volte pùo essere noiosa ed anche un pò "fuori moda". Ma la sfilata dei corpi militari è uno dei più bei momenti che le istituzioni pubbliche possano offrire. Il problema è che i contrari alla parata di cui ho detto in precedenza sono contrari non perchè la parata sia noiosa; e neanche perchè quel giorno vorrebbero andare al mare. No, sono contrari perchè dichiarandosi pacifisti non condividono tutto ciò che è legato al mondo militare. Potessero farlo abolirebbero anche l'esercito, perchè l'Italia ripudia la guerra e quindi non ha bisogno dell'esercito. Probabilmente per loro l'unica festa nazionale è il 25 aprile, in quanto se ne sono appropriati, dichiarandosi gli unici difensori della democrazia di questo Paese. Il loro concetto di Patria si evince dal numero di bandiere tricolori presenti ai loro cortei (generalmente pario vicino a 0). Caro Presidente Ciampi, sarà contento che dopo averla incensata in tutti i modi questi signori abbiano aspettato solo 2 giorni dalla sua uscita di scena per cercare di cancellare la festa che Lei ha ripoortato in auge?
Alla festa del 2 giugno ci tengo perchè non è una festa di "guerra", come dicono i signori di prima. Il 2 giugno è la festa dell'Italia repubblicana, che rende onore ai cittadini che scelgono di indossare una divisa per difendere (se necessario) i propri concittadini e di rappresentare il proprio Paese in giro per il mondo. Tra l'altro mi pare che i nostri militari ci rappresentino benissimo.
Sapete qual è il momento più bello della parata del 2 giugno? Il momento più bello è quello in cui in via dei Fori Imperiali sfila la Brigata Sassari. La Brigata Sassari è uno dei reparti più gloriosi del nostro esercito. Durante la prima Guerra Mondiale fu l'unica brigata italiana a ricevere come onoreficenze 4 medaglie d'oro alla bandiera della brigata (se pensate che una medaglia d'oro in genere viene assegnata ad un soldato deceduto sul campo di battaglia, provate a immaginare cosa significano 4 medaglie d'oro alla brigata in 40 mesi di guerra). Adesso la Brigata Sassari è uno dei reparti massicciamente impiegati nelle missioni all'estero. Veder sfilare la Brigata Sassari è così emozionante perchè i commilitoni cantano a squarciagola in sardo la loro fanfara, Dimonios, i cui versi sono riportati e tradotti all'inizio del post. Di solito, sentendoli cantare mi vengono i brividi e le lacrime agli occhi: mi emoziono perchè penso a cosa rappresenta per il nostro Paese la brigata Sassari, al sacrificio offerto nella prima Guerra Mondiale, all'onore che andrebbe giustamente reso a questi "patrioti", troppo spesso trascurati o sconosciuti ai più. E leggendo i versi della fanfara non trovo tracce di intenzioni bellicose; trovo la volontà di un gruppo di uomini (orgogliosi della propria storia) di onorare il proprio Paese e, se necessario, di difenderlo da chi tentasse di aggredirlo, ma sempre con l'obiettivo di poter favorire la pace. Credo siano i sentimenti che tutti gli italiani dovrebbero avere in cuor loro. Con un arcaismo si potrebbe chiamare "amor patrio". Se leggete il motto sullo stemma della Brigata (Sa vida pro sa Patria) il senso del mio discorso risulta chiaro.
Per questo credo che chi propone di abolire la parata del due giugno disonori anzitutto la storia di questo Paese, nonchè il senso di appartenenza che tiene insieme la nostra Nazione. Lo mancanza del senso della Patria travestito da pacifismo è uno dei peggiori mali che una Comunità nazionale può portare in seno, soprattutto se viene da esponenti politici dell'Esecutivo. Vuol dire disonorare il proprio passato, infamando il presente.

Promesse deluse

Ho letto con una certa delusione la lista dei Ministri e dei sottosegretari del nascente Governo Prodi. La delusione nasce dal fatto che, pur non professando un'idea politica di centrosinistra, mi attendevo che qualche proposito che Prodi aveva assunto in merito alla squadra di governo, fosse rispettato. E invece no.
Sulla presenza femminile nel governo si stanno scatenando un pò tutti, Prodi stesso. Il problema sussisterà finchè molte più donne non decideranno di impegnersi in politica in modo diretto, convinto. Purtroppo mancano i presupposti culturali e sociali perchè questo accada.
Un governo leggero, aveva promesso Prodi. Venticinque Ministri (creando 3 nuovi Ministeri con portafoglio contro la previsione della legge), nove Viceministri, sessantatre Sottosegratari. Alla faccia della leggerezza.
Giovani: magari invece di creare un Ministero (senza portafoglio) per i giovani, poteva essere meglio inserire qualche under 40 nella squadra di Governo?
I difetti di questo Governo sono simili ai difetti dei Governi, anche di segno opposto, che lo hanno preceduto. Ma la sbandierata "serietà al governo" cozza contro la realtà delle prime promesse non mantenute sulla composizione della squadra. Un governo che doveva essere "forte" in realtà sarà schiavo delle logiche di partito.
Non vorrei scendere nei particolari, ma alcune incongruenze sono talmente comiche da dover essere segnalate:
-Ministro dell'Interno: Amato (persona capace, ma esperta del campo economico);
-Ministro della Difesa: Parisi (tirapiedi di Prodi e poi cos'altro?);
-Ministro della Giustizia: Mastella (professione giornalista e sindaco);
-Ministro Dei Beni Culturali: Rutelli (ex sindaco di Roma e quindi competente, ma magari un laureato?);
-Ministro delle Infrastrutture: Di Pietro (professione magistrato);
-Ministro dell'Istruzione: Fioroni (professione medico);
-Ministro delle Attività Produttive: Bersani (professione funzionario di partito; certamente come ex presidente della Regione Emilia-Romagna ha competenza anche nell'economia, però...);
-Ministro delle Politiche Sociali: Ferrero (ex operaio Fiat cassaintegrato);
-Ministro della Famiglia: Bindi (stato civile: nubile).
Con questa lista non voglio dire che le persone scelte non possano fare un buon lavoro, dico che forse alcune scelte potevano essere più oculate. Aspettiamo l'esecutivo alla prova dei fatti. Ma la delusione di cui sopra, soprattutto per il predominio partitico, resta.

Wednesday, May 17, 2006

La serietà al governo...forse.


Romano Prodi in queste ore presenterà la lista dei Ministri al Presidente della Repubblica. Tutto secondo copione, verrebbe da dire. Sì, esatto, direi io. Secondo copione in questi giorni abbiamo assistito al mercato delle vacche per decidere chi mettere dove, e le contrattazioni non sono ancora finite, in quanto si stanno piazzando in questo momento gli ultimi sottosegretari, incarico a cui molti ambiscono, ma del quale buona parte degli italiani non comprende nè il senso, nè l'utilità. Forse perchè in realtà i sottosegretari sono sempre serviti ad equilibrare i rapporti numerici di coalizione, e basta.
Tre fatti politici risultano comici alla luce dei fatti accaduti negli ultimi mesi. Il primo: Prodi che in campagna elettorale ripete ossessivamente che la situazione è seria, che il Paese ha bisogno di un impegno serio, che non c'è tempo da perdere perchè non si possono rinviare ulteriormente scelte serie, che con il centrosinistra la serietà va al governo. Adesso ad un mese dalle elezioni non mi pare che forse le cose fossero così serie. Tutto sommato l'economia dà dei, seppur timidi, segnali di ripresa, la situazione sociale è più o meno la stessa di sei mesi fa, la gente dopo le elezioni ha continuato a fare ciò che faceva prima. Incredibile! Questo Paese non è allo sfascio, e dato anche il temporeggiare di mezza giornata di Prodi sulla lista dei ministri, probabilmente la situazione non è proprio così "seria". Ergo, forse aveva ragione Berlusconi a dire che la sinistra faceva del catastrofismo. Ergo Prodi in campagna elettorale le raccontava un pò grosse.
Secondo fatto comico: Prodi le raccontava un pò grosse non solo in campagna elettorale, ma anche dopo le elezioni. Per rendersene conto basterebbe contare quante volte il Presidente del Consiglio in pectore ha detto di avere la lista dei Ministri pronta in tasca. Probabilmente pensava di averla in tasca; in realtà l'aveva smarrita. Tanto da doversi prendere una notte e una mattinata in più per riscriverla. O in realtà la sta covando? Mistero. L'apoteosi è comunque rappresentata da una sua dichiarazione di ieri pomeriggio che suonava più o meno così: "Quando il Presidente della Repubblica mi chiamerà, la lista dei Ministri sarà pronta". Scusate, ma questa lista deve maturare come la frutta per essere pronta, o Prodi gioca con Napolitano a chi riesce ad imbrogliare l'altro prendendolo alla sprovvista? Cioè se Napolitano lo chiama, Prodi riempie i buchi vuoti coi primi nomi che gli passano per la mente. Mentre Napolitano chiamerà Prodi a tradimento, quando il premier sarà invischiato in una spartizione con qualche "cespuglio" circostante l'Ulivo. In realtà niente di tutto questo è successo: semplicemente Prodi è stato chiamato da Napolitano, ma la lista non era ancora pronta. Lo scolaro zuccone non ha fatto i compiti.
Terzo aspetto comico: 5 anni fa, quando Berlusconi presento la lista dei Ministri, il centrosinistra gridò allo scandalo per la moltiplicazione delle poltrone, poichè il premier aveva scorporato due Ministeri (Salute dal Ministero del Welfare, Comunicazioni Dal Ministero delle Infrastrutture) ed aveva creato alcuni Ministeri senza portafoglio mai previsti prima (tipo quello per gli italiani all'estero e quello per l'attuazione del programma di governo). Il tutto nasceva da una riforma dei precedenti governi di centrosinistra che riduceva, probabilmente in modo esagerato, da 20 a 12, il numero dei Ministeri con portafoglio. Ora Prodi si appresta a varare un Governo che, secondo le indiscrezioni dovrebbe vedere 19 Ministri con portafoglio: scorporate ricerca e università dalla pubblica istruzione, welfare diviso in lavoro, famiglia e politiche sociali, divise infrastrutture e trasporti. Se c'erano Ministeri da non scorporare erano questi. Da notare come il tutto avvenga senza rinunciare ad una decina di viceministri, carica introdotta proprio con quella riforma citata prima. Se Berlusconi fu criticato, adesso a Prodi cosa dovremmo fargli? Le pernacchie? Il comico sta nel fatto che questa moltiplicazione di poltrone non sarà fatta passare per quello che è, cioè un gioco di potere tra partiti, ma come "un'esigenza di migliorare l'azione di governo". Come tutti i giornali di sinistra scriveranno.
Se la comicità non vi è bastata vi lascio con l'ultima chicca del premier, presa da Repubblica.it di stamattina:
"La lista dei ministri è chiusa, l'Unione sta lavorando ora all'individuazione dei sottosegretari. Ma tutto è avvenuto senza tensioni particolari"'. Lo ha riferito il presidente del Consiglio in pectore, Romano Prodi, giungendo nel suo ufficio in piazza Santi Apostoli. Prodi ha aggiunto che i partiti "sono tutti soddisfatti, forse qualcuno non è felice, ma la felicità non è di questo mondo".
A parte la dichiarazione in stile Gesù ("il mio regno non è di questo mondo"), che sembra un guanto di sfida a Berlusconi per decidere chi sia più simile a Cristo (viste affermazioni in merito attribuite al premier uscente), non vi sembra comico che proprio Prodi, nell'ultimo faccia a faccia elettorale, avesse promesso nel suo appello finale "...un pò di felicità" agli italiani. Ora ha cambiato idea. Forse perchè la situazione è "seria".

Tuesday, May 16, 2006

Politica e cittadini

Vorrei esprimere alcuni spunti sul sistema politico del nostro Paese. Un dato che emerge in modo significativo, soprattutto negli ambiti locali, sembra essere lo scollegamento tra gli “attori” della politica e gli elettori E il continuo tentativo locale (Regioni, Province, Comuni) di replicare il modello partitico nazionale è a mio modo di vedere fallimentare già in partenza in quanto punta ad emulare un modello in crisi evidente fin dall’inizio degli anni ’90. Lo scollegamento tra il mondo dei partiti ed il corpo elettorale sembra nascere giusto nel momento in cui tramontarono le grandi ideologie che avevano caratterizzato il secondo dopoguerra, o meglio quando queste ideologie, abbandonata la divisione del mondo in blocchi, hanno iniziato a perdere da un lato il loro rigore ideologico, dall’altro la loro “purezza” nel senso che nel bene e nel male hanno finito per contaminarsi reciprocamente. A questo punto i salti di schieramento o di partito dei molti “riciclati” hanno fatto il resto. Risultato caos e confusione, confusione e caos, soprattutto nella testa degli elettori, i quali, crollate le idee e i protagonisti che le interpretavano, hanno seriamente incominciato a disaffezionarsi alla politica, soprattutto perché l’apparato statale e partitico ha continuato a funzionare come prima: stessi favoritismi, stesse clientele, stessa esagerata ingerenza tra partiti e aziende pubbliche. L’unica differenza è la maggior spudoratezza con la quale questo sistema funziona, poiché prima, durante la prima Repubblica, veniva protetto dalla reciproca omertà dei partiti, mentre ora, dopo Tangentopoli, un po’ tutti pur chiamandosene fuori, bramano di partecipare all’importante spartizione degli incarichi di istituzioni ed enti pubblici.
L’elemento di novità è stato, comunque la si pensi, la discesa in campo di Silvio Berlusconi, che ha lanciato il modello del partito creato a immagine e somiglianza del leader. E al di là del giudizio che si può formulare sull’esperienza politica del creatore di Forza Italia, è quasi certo che questi anni di passaggio andranno ricordati sotto l’appellativo di anni del “berlusconismo”. A perenne memoria, verrebbe da dire. Il fatto è che anche questa novità ha portato ad un allontanamento dai cittadini, perché il partito prende i voti non per l’azione sul territorio, ma per il carisma del suo leader nazionale. In realtà la legge elettorale maggioritaria ha permesso ai partiti della seconda Repubblica di spartirsi il territorio: i cosiddetti seggi uninominali “sicuri” per uno schieramento o per l’altro non necessitano più di presenza dei candidati tra la gente, o meglio del radicamento dei candidati nel territorio, ma ha dato vita all’ulteriore fenomeno del “paracadutismo” dei candidati in questi stessi seggi. Non che prima col proporzionale con preferenze la storia fosse migliore, anzi: spesso si assisteva, soprattutto in sud Italia, al fenomeno del voto di scambio tra un elettorato controllato dalla criminalità ed il candidato. Ma il maggioritario, che sembrava un toccasana universale ha fallito, perlomeno nella sua italica versione (lo definirei maggioritario all’amatriciana), lo scopo. Il proporzionale attuale senza preferenze, se da un lato toglie libertà di scelta ai cittadini sul candidato, è perlomeno un fedele specchio di quella che è la politica in Italia: una realtà completamente frammentata. Le recenti forme di movimentismo che hanno invaso la politica, soprattutto da sinistra (no global, girotondini,…) dimostrano le difficoltà anche dei partiti tradizionalmente “al fianco dei lavoratori”, di saper interpretare le esigenze della loro base elettorale. E per catturare preferenze ormai i partiti si inventano di tutto: liste civiche che nascono in una notte, movimenti di sindaci, liste personali dei candati, liste “aperte alla società civile” (come dire che quelle dei partiti sono riservate alle gerarchie dei partiti stessi). La politica locale, che dovrebbe fare da tramite tra i partiti nazionali e gli elettori resta sospesa tra il desiderio di imitare i giochi di potere della partitocrazia di Roma (dimenticando o rifiutando il dialogo coi cittadini), e l’indifferenza con la quale viene considerata dai leader nazionali (soprattutto quando è il momento di scegliere i candidati). Quale soluzione allora per riavvicinare la politica ai cittadini? La soluzione che ho cercato di dare insieme ad altre persone, a questa domanda, è quella del movimento civico. Credo che questa possa essere una soluzione che pur presentando delle difficoltà permette da un lato alle amministrazioni locali di essere più vicine ai cittadini, riuscendo al tempo stesso a dialogare con le istituzioni di ordine superiore senza preconcetti ideologici. Non dico che sia una strada semplice, ma ci stiamo provando. Alla fine dell’esperienza trarremo le nostre conclusioni.

Monday, May 15, 2006

Maurizio l'Onnipotente

Da tempo desidero esprimere un pensiero riguardo a quello che ritengo uno dei mali della televisione...farei meglio a dire colui che ritengo uno dei mali della televisione, in quanto sto parlando di Maurizio Costanzo.
La sua presenza in tv (su Canale 5) negli ultimi anni ha assunto l'aspetto di una dittatura senza fine, rafforzata dalla presenza sempre più straripante, nel tempo e nel modo di fare tv, della moglie, Maria de Filippi e dalla vastità del palinsesto che i due gestiscono: il mattino, il primo pomeriggio la domenica pomeriggio su Canale 5, nonchè un reality (Amici...di Maria de Filippi), che oltre al sabato pomeriggio, a volte occupa anche la prima serata della domenica.
Come ogni dittatura che si rispetti, ha perso nel tempo gli aspetti positivi che comunque aveva (ossia il Maurizio Costanzo Show, che peraltro negli ultimi anni aveva perso gran parte delle sue caratteristiche originarie), esaltando in modo grottesco la figura di un leader che decide tutto, mette l'ultima parola su tutto, assume tutti gli incarichi, tutti i ruoli, vigila severamente sull'operato dei suoi sottoposti, chiama e caccia le persone a suo piacimento. Questa situazione è divenuta clamorosa nelle ultime settimane, quando una delle tante sconosciute o quasi che passano per Buona Domenica (Selvaggia Lucarelli), si è rifiutata di andare in trasmissione, non condividendo lo stile televisivo che il programma della Domenica di Canale 5 ha assunto sotto la guida di Costanzo. Quando qualcuno si è chiesto come mai l'ospite non partecipava Maurizio non ci ha pensato un attimo a dire che non era l'ospite ad aver rifiutato, bensì era lui a non averla voluta, perchè è lui che decide chi viene e chi va a Buona Domenica.
Sul web (mezzo di comunicazione assai democratico) fortunatamente è emerso un fronte di utenti che, tra forum e blog, si chiede se per il dittatore di Mediaset non fosse il caso di passare la mano. Io voglio associarmi a questa fronda.
Maurizio Costanzo è un uomo che per anni ha fatto televisione in modo egregio: su tutto da ricordare il periodo, all'inizio degli anni '90, in cui lanciò una forte campagna tv contro la mafia. Per questo rischiò di pagare con la vita, sfuggendo per un soffio ad un attentato organizzato apposta per chiudergli la bocca. Questo gli fa onore. Gli fa meno onore il fatto che, giunto a condurre Buona Domenica, ha iniziato a trasformare questa trasmissione, che era il classico contenitore della Domenica pomeriggio all'italiana, a sua immagine e somiglianza. Si è messo al centro della trasmissione stessa, ci ha messo dentro sua moglie con tutta la sua pletora di presenzialisti, ha inserito la sigla MCS (Maurizio Costanzo Show, come a dire "Questa è la mia trasmissione") nel logo della trasmissione, riuscendo infine a farla diventare il sunto della programmazione di Mediaset, attraverso la presenza di tutti i concorrenti (vecchi e nuovi) dei reality delle reti del Biscione. Il tutto dopo aver criticato abbondantemente i reality, perchè mettevano in piazza gli affari della gente, delle persone normali. Solo che dato il loro successo di pubblico, forse ha capito che questo era ciò che la gente voleva. E il nostro dittatore si è rapidamente adattato. Adesso per presentare gli ospiti a Buona Domenica impiegano mezz'ora di trasmissione. Il problema è che se non segui molto la tv e i tabloid non sai nemmeno chi siamo questi ospiti famosi. Ex veline, attori e attrici fallite, concorrenti di reality usciti alla prima nomination, psicologi presenzialisti e chi più ne ha più ne metta. Ma cosa fanno tutti questi ospiti in trasmissione? Fanno il trenino, fanno gli opinionisti su qualsiasi cosa (purchè banale), fanno finta di cantare, si sputtanano a vicenda. Altro? No, purtroppo no. Il resto tocca a lui, al magnifico Maurizio, che mangiandosi le parole, tanto da emettere suoni incomprensibili che in realtà per lui sono discorsi, passa indifferentemente dal chiedere conto degli amori, veri o presunti, degli "ospiti" prima elencati, a fare interviste più serie a protagonisti di fatti di cronaca (tanto per continuare a farsi i cazzi degli altri), a far finta di suonare il sax insieme all'orchestra del buon Demo Morselli.
Certamente nella metamorfosi di Costanzo si vede la mano della moglie, pioniera dei programmi che danno in pasto al pubblico la vita delle persone (a volte assai costruita). Il suo programma, fatto di "tronisti" e "troniste" arroganti e di aspiranti fidanzate/i è l'apoteosi di questo modo di fare tv. Spesso però mi spaventa il suo desiderio morboso di sapere per filo e per segno i segreti più nascoti della vita dei suoi ospiti. In questa ottica Maurizio sembra la macchietta del vecchio guardone che sbava (perchè lui sbava per davvero) vedendo una situazione "piccante".
Indiscutibilmente la gente gradisce. Costanzo e signora hanno la colpa di fare tv spazzatura, ma restano saldamente al loro posto perchè la gente questa spazzatura se la mangia come il pane. Questo vouyerismo nazionale è preoccupante: una volta si sognava di poter vivere una vita dorata come le star hollywoodiane, che venivano viste come degli dei. Questo ci poteva stare, perchè le star erano famose quanto gelose della loro vita privata, proprio per nascondere la "normalità" di gran parte della loro vita quotidiana, al fine di coltivare il loro "mito". Oggi la sensazione è che la tv ci proponga dei modelli al ribasso, tanto più famosi quanto più in grado di dare scandalo, possibilmente attraverso una vita sentimentale/sessuale sregolata e manie personali buone per diventare tormentoni estivi. Il bello sta nel poter dire "Io sono meglio di quelli là", ergo posso andare in tv anch'io. Quasi a dire che se la gente non riesce ad innalzarsi culturalmente verso una tv di qualità, è la tv stessa che si abbassa al livello della gente comune. Gli esperti di marketing lo chiamerebbero rispetto per le aspettative del target, per me è solo la miseria del genere umano.

Sunday, May 14, 2006

What wrestling means


…A King of the Ring 1998 Mankind ed Undertaker danno vita ad un match a dir poco fantastico, caratterizzato dalle imbizzarrite performance di Mankind che riuscivano a nascondere anche lo stato di forma non eccellente di Undertaker, colpito da un infortunio ad una caviglia. Il momento più eccitante del match quando Mankind viene scaraventato dal tetto della gabbia (a 5 metri di altezza) direttamente sul tavolo della postazione dei telecronisti di lingua spagnola, Tito Santana e Carlos Cabrera. L'impatto è talmente violento che Mankind perde addirittura tre denti ed il match viene sospeso per oltre cinque minuti affinchè si accertassero le reali condizioni fisiche di Mankind.
L’incontro riprende con un altro duello sul tetto della gabbia, questa volta Undertaker esegue una chokeslam su Mankind, il quale sente letteralmente mancare il terreno sotto di lui, il tetto della gabbia aveva ceduto e Mankind era così precipitato di nuovo questa volta al centro del ring. Il match si conclude con Undertaker che riesce ad eseguire la Tombstone su Mankind sopra ad un mucchio di puntine da disegno che lo stesso Mankind aveva gettato sul ring durante una fase del match. Mankind grondava sangue da parecchi punti del suo corpo ed il tutto era amplificato dalla camicia bianca che indossava. Mick Foley è comunque oggetto di un’autentica “standing ovation” da parte di tutto il palazzetto ed acquista parecchi punti come “beniamino” del pubblico…

(www.tuttowrestling.com)

Parlando di wrestling se ne sentono un po’ di tutti i colori. Ho deciso di aprire questa riflessione raccontando un pezzetto della storia di questo business (business, non sport; nello sport puoi essere un grande atleta ma avere il cervello vuoto, vedi molti calciatori, nel business no; con buona pace di quelli che dicono che il wrestling non è neanche uno sport: infatti è molto di più).
Ho deciso di partire da un personaggio magari sconosciuto ai più, ma che può aiutarci a capire il senso di questo mondo apparentemente così bizzarro. Non sto parlando del Phenom, ossia di Undertaker (Respect!), un’icona del wrestling che ormai conoscono anche i sassi. Sto parlando dell’altro contendente dell’incontro brevemente riassunto all’inizio, e cioè di Mick Foley, alias Mankind, un wrestler che ha ottenuto l’appellativo di “Hardcore Legend”, la leggenda dell’hardcore, ovvero del combattimento estremo, senza regole e con armi non convenzionali. Mick Foley è uno che in una decina d’anni di carriera vera e propria (da fine anni ’80 a fine anni ’90), e in un successivo periodo di combattimenti più sporadici (fino al più recente di Wrestlemania XXII, dove ha combattuto splendidamente, in un match, manco a dirlo, hardcore), ha lasciato sul ring litri di sangue, buona parte dell’orecchio destro, i tre denti sopracitati nonché buona parte della sua salute mentale; di sicuro sul ring si è garantito tutti i malanni della vecchiaia (dolori ossei e muscolari) con una ventina di anni d’anticipo ed ha rischiato la paralisi (per la cronaca la foto sopra ritrae Mick Foley nei panni di Cactus Jack, il personaggio più "hardcore" da lui impersonato). Se vi chiedete se i lottatori si picchiano davvero, al di là delle evidenti fasi di lotta simulate ed organizzate prima del match, cercate su internet il video del match dal quale sono partito: penso potrebbe convincere anche quelli che dicono che il wrestling “è tutta una farsa”. Se vi chiedete se le rivalità sono reali o finte guardatevi qualcuna delle mosse più spettacolari: molte volte la vita di un atleta è nelle mani del suo avversario.
Ma torniamo a noi. Cosa spinge un wrestler a fare quello che ha fatto Mick Foley (e attenzione, come lui ce ne sono molti che pur non arrivando in alto come lui per anni hanno passato la loro carriera combattendo nelle piccole federazioni con molti rischi in più e molte sicurezze in meno)? Direte voi: i soldi. In parte vi do ragione. In un business i soldi sono un elemento importante per mandare avanti la baracca, grande o piccola che sia. Il problema è che Mick Foley, buona parte della sua carriera l’ha passata in federazioni minori, quasi a dirci che non combatteva solo per i soldi, ma soprattutto per qualcos’altro:"...Mick Foley è comunque oggetto di un’autentica “standing ovation” da parte di tutto il palazzetto ed acquista parecchi punti come “beniamino” del pubblico...".
Queste parole riprese dall’inizio ci danno una chiave di lettura: attraverso quell’incontro di King of The Ring 1998, e tanti altri di tenore simile, Mick si è garantito per sempre l’ovazione, il rispetto, la devozione da parte del pubblico ogni volta che partecipa a un qualche evento della WWE.
La gloria e i soldi, come negli altri sport. Si, ma anche un logorio fisico che in pochi sport ha eguali. Anche perché il rapporto ricompense/sacrifici è nel wrestling, per la maggior parte dei lottatori, inferiore, e di molto, a 1. Qualche volta il logorio ha compreso anche il doping, o la dipendenza dagli antidolorifici, e questo pesa sull'immagine del business. Il fatto è che queste spinte poi le paghi. Chiedere ai tanti atleti prematuramente scomparsi per questo motivo. Per fortuna da questo punto di vista la morte di Eddie Guerrero è stata utile perché ha segnato un momento di svolta per la lotta al doping nella WWE (Eddie si era ripulito, ma ha pagato gli eccessi del passato).
Ma adesso vorrei rivolgermi a tutti quelli che il wrestling lo vedono come il fumo negli occhi. Voi mamme e papà che vi riempite di soap opera e telefilm, che passate le domeniche a guardare Domenica In o Buona Domenica, che sono diventate trasmissioni atte ad ospitare concorrenti di reality che grazie a questo (e grazie alla loro stupidità nonché a quella dei conduttori) vengono chiamati a dire la loro opinione su qualsiasi cosa, dalle posizioni del kamasutra alla fame nel mondo. A voi che ai vostri figli avete insegnato a vivere i weekend nei centri commerciali, che fate loro vedere i reality con i concorrenti ricoli citati prima, che per i vostri figli riuscite al massimo a sognare una carriera rispettivamente da calciatore o da velina, e a questo fine li lasciate 10 ore al giorno davanti alla tv, dove nei programmi pomeridiani non fanno altro che intervistare veline e calciatori tra loro accoppiati. A voi che guardate i programmi di Maria de Filippi e che come l’urlante pubblico onnipresente nelle suddette sceneggiate, sputate sentenze sui protagonisti di queste stesse trasmissioni, fingendo di fare delle considerazioni intelligenti sui contenuti dei suindicati programmi (che hanno un contenuto qualitativamente pari all’attività celebrale dei loro protagonisti, cioè 0, o forse meno), quando in realtà siete solo invidiosi di non poter essere voi i protagonisti di tutte quelle chiacchiere. A voi sociologi che vi fate ospitare nelle stesse trasmissioni per cercare di trovare dei profili psicologici nella vita della gente di spettacolo (salvo il fatto che buona parte delle persone di spettacolo hanno due capisaldi nella vita: i soldi e la vita sessuale) e che passate il tempo a denigrare il wrestling, causa di tutti i problemi dell'infanzia e dell'adolescenza, neanche fosse il diavolo. A tutti voi che avete come principale attività culturale guardare la tv spazzatura fin qui rappresentata. A tutti voi chiedo: perché ce l’avete tanto col wrestling? Nella peggiore delle ipotesi per voi non è né più né meno uguale alla porcheria che guardate in tv. Con la differenza che nel resto dei programmi la gente sputtana e si fa sputtanare a parole. Almeno nel wrestling si arriva ad una resa dei conti, costruita, si, magari violenta. Ma la vita è forse semplice, priva di pericoli, giusta, dolce, serena?Per questo il wrestling è molto meglio del resto della tv: perché in fondo è una parodia della vita reale, ma molto più reale dei reality. Ti insegna che nella vita si vince e si perde, ci sono i furbi e gli onesti, gli amici e quelli che ti fregano. E se invece di lasciare che i bambini guardino da soli il wrestling (perché avete di meglio da fare piuttosto che accudire i vostri figli) per poi urlare ai quattro venti che è trash, è spazzatura, che è diseducativo, dovreste provare a guardarlo insieme ai figli. E imparereste qualcosa anche voi. Magari imparereste che i bambini cercano solo degli esempi positivi da seguire (che non trovano in altri ambienti, famiglia compresa). Per questo il wrestling per loro è così accattivante.

Barilla industria artigiana?

Da studente di economia e di marketing ho imparato che la pubblicità persegue fondamentalmente lo scopo di promuovere l'acquisto di un prodotto, e per fare questo può utilizzare diverse strategie. Si può presentare il prodotto come soluzione ad un problema, si possono elencare i suoi pregi, si può cercare di creare nel consumatore un senso di insoddisfazione che il prodotto può soddisfare. Una pratica universalmente riconosciuta come scorretta è però quella di attribuire al prodotto pregi che esso non ha, in particolare se essi sono propri di prodotti concorrenti. Entro certe fattispecie anche le leggi in materia condannano e sanzionano questa pratica.
Barilla, col suo marchio Mulino Bianco, ha dichiarato guerra ai panificatori artigiani, violando, a mio modo di vedere (ma anche secondo la Fippa, federazione nazionale dei panificatori), i limiti della pura vanteria e cadendo nell'attribuzione al proprio prodotto di pregi di un prodotto concorrente. Lo ha fatto lanciando una campagna televisiva martellante per promuovere il suo "filone da tavola", un prodotto da forno dichiarato "buono", "bello morbido", e prodotto sostanzialmente in modo artigianale. La pubblicità è quella del bambino che sogna gli "uomini della farina", che preparano, in un laboratorio artigiano, la pasta per fare il pane, la quale, toccata dal bambino, risulta appunto "bella morbida". Al mattino il bambino, svegliandosi ritrova in cucina il filone del Mulino Bianco "bello morbido", tra l'altro con lo stesso segno del dito che lui, nel sogno, aveva lasciato sulla pasta.
A parte le incongruenze della pubblicità (spiegatemi quale pasta di pane un pò lievitata non è "bella morbida", spiegatemi perchè il filone cotto porta traccia del segno del dito, visto che, se è "bello morbido", durante la cottura dovrebbe essere lievitato e i segni dovrebbero essere cancellati, spiegatemi perchè gli "uomini della farina" così laboriosi, finiscono per mettere il loro pane nel sacchetto del Mulino Bianco, spiegatemi perchè quando la mamma rompe il pane davanti al bambino la mollica si rompe come fa tipicamente quella del pane raffermo) la scorrettezza della Barilla emerge, oltre che nel fatto di sfruttare l'immagine del bambino nella pubblicità, anche nello sforzo profuso per accreditarsi un'immagine di artigianalità, che non è certo propria di un'azienda industriale. Quasi a dire che l'artigianalità nelle produzioni alimentari è un elemento che crea dei vantaggi competitivi per il prodotto che gode di questa caratteristica. E se noi, azienda industriale, questa caratteristica non ce l'abbiamo (perchè ce l'hanno i nostri concorrenti artigiani), facciamo finta di averla lo stesso, creando una pubblicità ad hoc. Magari instillando anche il dubbio che gli artigiani non sono affidabili, perchè non sono in grado di garantire uno standard qualitativo come fa un'azienda industriale.
Al di là dei risvolti legali, il modo subdolo con cui Barilla cerca di conquistare fette di mercato, dimostra come questa azienda, al di là dei risultati economici che potrà ottenere, manchi di rispetto agli artigiani. Manca di rispetto proprio perchè finge, attraverso questa pubblicità, di avere qualità e valori che gli artigiani hanno e che un'industria non avrà mai. Il giocare sporco di Barilla però trascura la capacità di reagire di questa categoria, che sopravvive nonostante una legislazione comunitaria che tende continuamente a mortificarla. Io voglio sperare che Barilla trascuri il buon senso dei consumatori, almeno il buon senso di quelli che sarò riuscito a raggiungere con questo post.

Profili poco onorevoli

L'on. Francesco Caruso non ha partecipato al minuto di raccoglimento che la Camera dei Deputati ha dedicato ai caduti italiani di Nassiriya; è entrato in aula dopo aver atteso fuori che tutto fosse finito. Forse era a pisciare... si sa l'emozione del primo giorno. Forse ha pensato che un minuto di raccoglimento con applauso finale fosse un tributo eccessivo ai servi dell'imperialismo. Forse non ha proprio pensato... perchè uno che dice che l'attentato di Nassiriya è "un atto deprecabile ma che va contestualizzato"... probabilmente è un mentecatto. D'altro canto, a cercare bene tra i meandri del suo profondo elaborato culturale, viene fuori questa chicca, scritta dal carcere di Viterbo dove è finito 3 anni fa insieme ai/alle compagni/e ... di merende per un grande atto rivoluzionario compiuto in nome dei diseredati "del movimento dei movimenti" ; Gramsci, almeno, nelle galere fasciste c'era finito per cospirazione politica non per aver svuotato un supermercato. Ma ciò che colpisce non è tanto il cumulo di scemenze scritte... quanto la firma... che individua la personalità:
Francesco Caruso, carcere di Mammagialla, Viterbo, Italia, Europa, Pianeta Terra, 25 novembre 2002, Anno Secondo della Guerra Globale Permanente
Uno che firma così più che un mentecatto è un vero e proprio imbecille. Ed ora, Aprile 2006, Anno Sesto della Guerra Globale Permanente... il disobbediente che giustifica i kamikaze e vuole sciogliere i Ros, ne ha fatta di strada, dal carcere di Viterbo al Parlamento italiano per evitare di ritornare in carcere. Un anno fa, in un convegno alla Fiera di Roma, alla presenza del gotha della disobbedienza radical chic, con Valentino Parlato, il prof. Asor Rosa, Stefano Benni, Susan George, il nostro onorevole aveva detto: "(...) bisogna avere la capacità di rilanciare e rafforzare i nostri percorsi di lotta, i conflitti sociali che ci hanno visti protagonisti e che sono ancora tutti in piedi (...). Dobbiamo evitare che il movimento si trovi, da qui a pochi anni, tra chi va al governo e chi va in galera" ...appunto e quindi lui ha pensato bene di andare al governo... per non finire in galera con tutti i procedimenti a carico che ha. Ha detto che non metterà la cravatta...perché è il segno della distanza dalla società civile. Ha detto che terrà per sè solo il 10% dell'indennità, "il resto al partito e agli avvocati che difendono i compagni nei guai con la giustizia"... e che dovranno difendere anche lui. Gli bastano le rendite che papa' e mamma' gli hanno intestato. Gli appartamenti, gli oltre 35 terreni (tra vigneti e pascoli), i possedimenti in Calabria che compongono una visura catastale di 7 pagine che il miliardario proletario si tiene ben stretti. Guardo la faccia laida dell'on. Caruso e penso che questa sinistra mi fa schifo. Ma non così per dire; proprio schifo schifo. Credo sia la peggiore sinistra d'Europa: vile, ipocrita, falsa, attaccata al potere del quale ha sempre conservato i privilegi; l'unica sinistra incapace di esprimere un leader riformista credibile e costretta ad affidarsi ad un vecchio boiardo di Stato democristiano che tra una seduta spiritica e l'altra rappresenta una delle figure più corrotte e inquietanti della storia del nostro paese. Perché il problema è anche questo: l'assenza di una sinistra decente. Oggi che la classe operaia è andata in paradiso, ci ha lasciato l'eredità di un comunismo senza più comunisti; la caricatura di ciò che la storia ha buttato nella spazzatura della memoria; un comunismo che non ha più proletari da riscattare ma solo interessi da tutelare e balordaggini intellettuali da rivendicare. Un comunismo che ha perso operai e lavoratori e si è tenuto sindacalisti, intellettuali, figli di papà che giocano alla rivoluzione, burocrati della pubblica amministrazione... insomma il peggio di questa Italia. Un comunismo che ama a dismisura il capitale ma odia i capitalisti, che non nutre più una coscienza di classe (che quel pazzo profeta di Céline aveva già capito nel '38 che era solo una "demagogica fottitura") ma solo l'odio ideologico e lo snobismo. Un comunismo che del vecchio senso storico, come prevedeva Karletto (Marx), si è tenuto la farsa... dopo la tragedia. Forse ha ragione Filippo Facci quando scrive: "Caruso non esiste, rendiamocene conto, è di una pochezza impressionante, esiste al limite la sotto-sotto-sotto galassia che abbiamo deciso che lui rappresenti perché ogni tanto sfascia qualcosa ma soprattutto perché noi abbiamo bisogno di facce"... e che facce! Ma Caruso è lo specchio di questa sinistra italiana senza progetto, carica di contraddizioni, che ama le piazze ma anche i salotti confindustriali; legata al filo doppio del potere e sempre in lotta al fianco di chi il potere già ce l'ha. Guardo quella faccia arrogante, livorosa, carica di odio ideologico e ci vedo lo specchio di un'Italia irreale, che esiste solo sui giornali e mi consolo pensando all'altra di Italia: quella sommersa, nascosta, invisibile agli intellettuali, ai giornalisti, ai sondaggisti. L'Italia che Paolo Mieli non conosce, che Dario Fo non capisce, che D'Alema non considera, che Rossana Rossanda disprezza, che Caruso aggredisce; ma è l'Italia che garantisce a tutti loro libertà, civiltà e benessere. L'Italia della gente normale. L'Italia che entra nel dolore e nelle grandi questioni che la storia pone con la semplicità del buonsenso, della dignità e dell'amore... e che sta nelle parole della mamma del capitano Ciardelli: "Prego Dio che protegga tutti i ragazzi che sono laggiù in Iraq. E che devono rimanerci, perché il terrorismo va combattuto e sconfitto". E mentre questa parte del paese, piange i nostri soldati caduti a Nassiriya, per la pace... al pacifista che spera in un'inesistente Guerra Mondiale Permanente per dare un senso all'inutilità di una politica ipocrita; che non crede sia doveroso dedicare neanche un minuto di silenzio ai soldati di quel paese che ora lui dovrebbe rappresentare; che strizza l'occhio ad Hamas; che si accompagna a quelli che brindano per ogni americano sgozzato e per ogni italiano saltato in aria su una mina; che parla di repressione dentro un sistema che permette a lui e ai suoi compagni nullafacenti di fare e dire quello che vogliono... a lui e a quelli come lui che oggi governeranno il paese, noi che siamo comunque gente di onore, facciamo gli auguri per il nuovo incarico istituzionale al servizio della nazione. All'on. Francesco Caruso, parlamentare della Repubblica Italiana: in bocca al lupo... balordo!