Friday, May 12, 2006

Il Paese spaccato a metà

Se dovessi scegliere la frase più inflazionata in Italia in questo periodo propenderei necessariamente per uno dei pochi concetti veramente bipartisan in voga in questo momento: "Il Paese è spaccato a metà". Divertente l'incongruenza tra il concetto che la frase esprime (spaccatura, divisione) e la sua trasversalità rispetto all'arco parlamentare.
Questa frase se la sono lasciata uscire dalle labbra tutti, politici, giornalisti, imprenditori, sindacalisti, prelati, gente comune. Quelli politicamente orientati verso il centrodestra gridandola, come uno sfogo per dire che la sinistra, vincente per un soffio alle elezioni (tra mille perplessità dovute ad una riconta dei voti mancata perchè non prevista dalla legge, ma che sarebbe stata utile per fugare qualsiasi dubbio), non deve permettersi un'occupazione militare delle istituzioni (come in realtà sta facendo). Quelli orientati verso il centrosinistra sussurrandola, onde non cancellare il contenuto politico di una vittoria già di per sè sbiadita. Bene, quest'idea che il Paese è spaccato in due è una grande falsità da un lato, ma una grande verità dall'altro.
La grande falsità sta nel fatto che il Paese è si spaccato, ma non certo dal 10 aprile 2006. Volete dire che dal '94 in poi l'Italia non è stata divisa tra destra e sinistra, pur con alcuni distinguo? Volete dire che se una coalizione vinceva col 55% e l'altra perdeva col 45% il Paese non sarebbe stato spaccato in due? La nuova legge elettorale e la maggioranza risicata al Senato hanno acuito questa percezione, ma non sono i fattori determinanti della stessa. Così come il berlusconismo e l'antiberlusconismo segnano idealmente lo scontro ma non lo determinano nella sua genesi.
Qui sta la grande verità: che l'Italia è spaccata in due culturalmente, ideologicamente, al di là di quanto dicono i numeri delle elezioni. Questo è un segno positivo in un contesto bipolare, dove devono per forza confrontarsi due diverse idee di Stato, di economia, di società. Il tutto è una garanzia dalla puzza frequentemente avvertita nei palazzi del potere di involuzioni neocentriste e consociative di matrice exdemocristiana. Mi spiace, se il centrismo è uno strumento di facilitazione del confronto tra idee diverse ben venga, ma se diventa un obiettivo politico chi lo persegue si è perso gli ultimi 15 anni di vita politica italiana.
Il problema sta nel fatto che le due idee che si confrontano nel Paese non riescono a legittimarsi a vicenda, favorendo gli estremismi. Berlusconi con la sua "minaccia comunista" tende a prefigurare una deriva che in Italia non rischiamo più. Dall'altro lato bollare tutto ciò che sta attorno a Berlusconi ( dai partiti alle persone, dai giornali alle aziende, fino agli Stati Uniti) come parte di un regime (possibilmente accostato all'aggettivo fascita), vale quanto il bue che dice cornuto all'asino.
Il fatto è che in questo Paese si sta combattendo dall'8 agosto 1943 una guerra civile di proporzioni gigantesche: fascisti e partigiani, Dc e Pci, Stato e Br, centrodestra e centrosinistra, Berlusconi e Prodi. La memoria e la difesa dei valori della Resistenza e il revisionismo storico sono due aspetti perduranti di uno scontro, a volte sotteraneo e silenzioso, che mina le fondamenta della pacificazione sociale della nazione italiana. Finchè non riusciremo a consegnare il ventennio e la seconda guerra mondiale alla storia, metà dei cittadini di questo Paese continuerà a vivere nell'angoscia che l'altra metà prenda il potere, al di là di Berlusconi e dei comunisti. Finchè qualcuno continuerà a difendere l'identità, la cultura e la tradizione fascista così come quella comunista questo Paese non potrà lasciarsi alle spalle gli opposti estremismi. Il problema è che, dati elettorali alla mano, il cartello di partiti "neofascisti" ha raccolto alle elezioni circa l'1%. I partiti "neocomunisti" valgono almeno il 10% (senza contare quelli che la falce e martello ce l'hanno "scolpita nel cuore", vero on. D'Alema?), e faranno parte del prossimo esecutivo, oltre ad avere la presidenza della Camera. Colpa del fatto che questo Paese ha "assaggiato" solo il regime fascista, o anche colpa di qualcuno che non si è accorto che la guerra è finita, che a Berlino è caduto un Muro e che il comunismo non è stato altro che una copia rovesciata del totalitarismo di destra?

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