Tuesday, May 16, 2006

Politica e cittadini

Vorrei esprimere alcuni spunti sul sistema politico del nostro Paese. Un dato che emerge in modo significativo, soprattutto negli ambiti locali, sembra essere lo scollegamento tra gli “attori” della politica e gli elettori E il continuo tentativo locale (Regioni, Province, Comuni) di replicare il modello partitico nazionale è a mio modo di vedere fallimentare già in partenza in quanto punta ad emulare un modello in crisi evidente fin dall’inizio degli anni ’90. Lo scollegamento tra il mondo dei partiti ed il corpo elettorale sembra nascere giusto nel momento in cui tramontarono le grandi ideologie che avevano caratterizzato il secondo dopoguerra, o meglio quando queste ideologie, abbandonata la divisione del mondo in blocchi, hanno iniziato a perdere da un lato il loro rigore ideologico, dall’altro la loro “purezza” nel senso che nel bene e nel male hanno finito per contaminarsi reciprocamente. A questo punto i salti di schieramento o di partito dei molti “riciclati” hanno fatto il resto. Risultato caos e confusione, confusione e caos, soprattutto nella testa degli elettori, i quali, crollate le idee e i protagonisti che le interpretavano, hanno seriamente incominciato a disaffezionarsi alla politica, soprattutto perché l’apparato statale e partitico ha continuato a funzionare come prima: stessi favoritismi, stesse clientele, stessa esagerata ingerenza tra partiti e aziende pubbliche. L’unica differenza è la maggior spudoratezza con la quale questo sistema funziona, poiché prima, durante la prima Repubblica, veniva protetto dalla reciproca omertà dei partiti, mentre ora, dopo Tangentopoli, un po’ tutti pur chiamandosene fuori, bramano di partecipare all’importante spartizione degli incarichi di istituzioni ed enti pubblici.
L’elemento di novità è stato, comunque la si pensi, la discesa in campo di Silvio Berlusconi, che ha lanciato il modello del partito creato a immagine e somiglianza del leader. E al di là del giudizio che si può formulare sull’esperienza politica del creatore di Forza Italia, è quasi certo che questi anni di passaggio andranno ricordati sotto l’appellativo di anni del “berlusconismo”. A perenne memoria, verrebbe da dire. Il fatto è che anche questa novità ha portato ad un allontanamento dai cittadini, perché il partito prende i voti non per l’azione sul territorio, ma per il carisma del suo leader nazionale. In realtà la legge elettorale maggioritaria ha permesso ai partiti della seconda Repubblica di spartirsi il territorio: i cosiddetti seggi uninominali “sicuri” per uno schieramento o per l’altro non necessitano più di presenza dei candidati tra la gente, o meglio del radicamento dei candidati nel territorio, ma ha dato vita all’ulteriore fenomeno del “paracadutismo” dei candidati in questi stessi seggi. Non che prima col proporzionale con preferenze la storia fosse migliore, anzi: spesso si assisteva, soprattutto in sud Italia, al fenomeno del voto di scambio tra un elettorato controllato dalla criminalità ed il candidato. Ma il maggioritario, che sembrava un toccasana universale ha fallito, perlomeno nella sua italica versione (lo definirei maggioritario all’amatriciana), lo scopo. Il proporzionale attuale senza preferenze, se da un lato toglie libertà di scelta ai cittadini sul candidato, è perlomeno un fedele specchio di quella che è la politica in Italia: una realtà completamente frammentata. Le recenti forme di movimentismo che hanno invaso la politica, soprattutto da sinistra (no global, girotondini,…) dimostrano le difficoltà anche dei partiti tradizionalmente “al fianco dei lavoratori”, di saper interpretare le esigenze della loro base elettorale. E per catturare preferenze ormai i partiti si inventano di tutto: liste civiche che nascono in una notte, movimenti di sindaci, liste personali dei candati, liste “aperte alla società civile” (come dire che quelle dei partiti sono riservate alle gerarchie dei partiti stessi). La politica locale, che dovrebbe fare da tramite tra i partiti nazionali e gli elettori resta sospesa tra il desiderio di imitare i giochi di potere della partitocrazia di Roma (dimenticando o rifiutando il dialogo coi cittadini), e l’indifferenza con la quale viene considerata dai leader nazionali (soprattutto quando è il momento di scegliere i candidati). Quale soluzione allora per riavvicinare la politica ai cittadini? La soluzione che ho cercato di dare insieme ad altre persone, a questa domanda, è quella del movimento civico. Credo che questa possa essere una soluzione che pur presentando delle difficoltà permette da un lato alle amministrazioni locali di essere più vicine ai cittadini, riuscendo al tempo stesso a dialogare con le istituzioni di ordine superiore senza preconcetti ideologici. Non dico che sia una strada semplice, ma ci stiamo provando. Alla fine dell’esperienza trarremo le nostre conclusioni.

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